Già dal 1460 Concamarise è parrocchia con rector, ma la sua esistenza risale a molto tempo prima. Le attestazioni, infatti, parlano di una sua presenza documentata a partire dal 1144: un diploma dell’imperatore Corrado III di Germania assegna la pieve di Concamarise all’abbazia benedettina di Nonantola e riconosce alla corte di Nogara il privilegio di ospitare la pieve e di esercitare diritti nel distretto di Camarisis. Del resto è quasi sicuro il riconoscimento di antiche fondamenta di un portico posto a sinistra della chiesa e facente parte di una corte colonica che si suppone appartenesse ad un chiostro di frati Benedettini i quali avrebbero officiato un precedente tempio.
La necessità di una chiesa rispondeva, inoltre, all’insediamento di prestigiose famiglie nobiliari di ascendenza medievale, quali i Malaspina, i Bevilacqua, i Lazise, i Da Palazzo, i Verità, i Montanari, i Trivelli Pompei, i Malagnin, i Polfranceschi: famiglie che avevano le loro corti padronali nel territorio di Concamarise, ondulato e sabbioso ma fertile e ricco d’acque, adatto alla piantata padana e successivamente alla risicoltura. Tale insediamento, più fitto a partire dal 1400 e significativamente documentato non solo dalla minuziosa e preziosa cartografia finalizzata a specificare possedimenti, ville, confini, utilizzazioni e investiture di corsi d’acqua ( seriole, dugali, fossi di scolo, bocche, mulini ) ma è testimoniato anche dalle numerose visite dei vescovi di Verona, interessati a prendere visione delle condizioni degli edifici sacri e delle attività della parrocchia.
Così nell’ottobre del 1460 il vescovo di Verona, Ermolao Barbaro, ci attesta che la chiesa di Concamarise, dedicata a S. Lorenzo, è officiata da un unico rettore, assieme a quella di S. Nicola di Asparetto. Dal verbale steso per l’occasione, come dai verbali delle visite del vescovo Giberti, avvenute tra il 1526 e il 1541, possiamo ricavare non molte informazioni sulle condizioni dell’edificio sacro. Più loquace è, invece, la visita effettuata nel 1553 dal vescovo Luigi Lippomano che ci informa che la chiesa, parrochialis curata, ( retta da parroco ) disponeva di cinque altari, di cui uno dedicato a S. Bartolomeo. Le condizioni generali dell’edificio non dovevano essere delle migliori se il presule ordina di rifare la sacrestia crollante e di erigere il campanile.
L’intitolazione degli altari laterali all’unica navata della chiesa si ricava dalla visita del vescovo Agostino Venier avvenuta nel 1594: oltre all’altare maggiore sono ricordati quelli di S. Bartolomeo, di S. Rocco, di S. Sebastiano, di S. Antonio e l’altare della Beata Vergine, affidato alla devozione della Compagnia del Santo Rosario, altare dotato di statua e di piccolo affresco di Madonna con Bambino, tuttora esistente e che, seppure martoriato dal tempo, rivela ancora la dolcezza delle morbide linee e l’intensa poesia dei suoi colori. (immagine 1)
Nel corso successivo degli anni la chiesa è stata oggetto di ricorrenti modifiche interne, documentate ancora dalle visite pastorali del 1600 e del 1716: esse ci parlano di tre altari ( l’altare maggiore, della Madonna e di S. Bartolomeo ) il che ci fa pensare ad un edificio non ampliato; rimane ad un’unica navata centrale con un presbiterio a volta, ma risultano ripetuti gli interventi interni.
L’immagine esterna della chiesa ci viene restituita da un bellissimo disegno del perito cartografo Francesco Cuman in data 14 febbraio 1681 (immagine 2). La chiesa presenta una facciata a capanna, priva delle attuali ali laterali. Questa primitiva facciata riportata dal Cuman sarà in seguito innalzata assieme a tutto l’edificio nei primi anni del 1700 e risulterà come si presenta a noi ancora oggi: un portale con architrave sormontato da un timpano triangolare incorniciato lateralmente da paraste con capitelli dorici ( tra le due paraste, a destra e a sinistra, figuravano dipinte, ora quasi del tutto illeggibili, le immagini di due santi, probabilmente S. Pietro e S. Paolo e la tradizionale abbreviazione D. O. M ( a Dio, il più buono, il più grande ); un cornicione aggettante separa poi la parte inferiore da quella superiore ritmata a sua volta da rozze paraste con capitelli ionici e con al centro una chiusa nicchia concava un tempo portante una piccola statua (immagine 3) di S. Antonio da Padova con Bambino ( ora nella chiesa nuova di via Capitello ). Sulla facciata, in alto, si apre un maestoso timpano dentellato con piccolo oculo circolare chiuso, contenente nel passato un orologio, e con al vertice il fastigio di pietra sormontato da una croce di ferro a raggiera. Sobrietà e compostezza classicheggiante settecentesca danno a questa facciata una sua semplice e poetica compostezza, confermata anche dal campanile laterale a pianta quadrangolare terminante in alto con una cella a bifora e una piatta copertura con sottostante dentellatura. Le sue antiche campane furono rifuse nel 1819 ( per munifica generosità del conte Giacomo Verità ) dal fonditore veronese Pietro Partilora e tale evento fu festeggiato anche dalla composizione di un sonetto. (immagine 4)
Il piazzale antistante la chiesa, come testimoniato dal disegno del Cuman, anticamente era delimitato da un basso muretto di mattoni rossi. Non appaiono, invece, perché più recenti, le settecentesche due statue di tufo tenero, (immagine 5) poste su alti basamenti e purtroppo pesantemente corrose dal tempo e dalle intemperie, statue che ancor oggi ammiriamo per la raffinatezza della composizione. Sono dedicate ai due diaconi martiri: l’una a S. Lorenzo, l’altra a S. Stefano, ambedue i santi sono rivestiti delle dalmatiche e tra le mani portano ciascuno gli strumenti del martirio: S. Lorenzo la graticola e S. Stefano una pesante pietra ( immagine ). Scomparsi, ma testimoniati da fotografie di fine Ottocento ed inizio Novecento, altri due elevati basamenti, pure posti sul piazzale, sormontati da grossi ed alti ornamenti di volute e vasi marmorei con pigne.
Agli inizi del Novecento ( 1903 ) la parrocchia trasporta le ossa dei suoi morti, da secoli in riposo all’ombra dell’antica chiesa, nel nuovo cimitero costruito sulla strada che va ad Asparetto. L’avvenimento suscita una grande emozione in tutto il paese e il parroco don Cirillo Girlanda (immagine 6) ne conserva il ricordo infilando dentro il registro parrocchiale dei defunti la cronaca commossa, apparsa, pochi giorni dopo, sul giornale Verona fedele. Sono avvenimenti di vita parrocchiale e di cronaca locale che si svolgono intorno alla chiesa di S. Lorenzo e all’ombra del suo campanile, tra case dei braccianti e salariati sparse nella campagna o strette intorno alla strada che da Bovolone o da Salizzole porta alla Piazza Vecchia e al Capitello, o che si addossano alle corti domenicali, ricche di storia, dove all’inizio del secolo giungono i nuovi signori: i Betti-Parodi, i Martinato-Finato, i Garbelli, i Perini, i Bresciani. Il numero dei parrocchiani resta stabile: l’ultimo censimento del 31 dicembre 1896 assegna alla parrocchia 980 fedeli, un asilo infantile, accanto alla chiesa, e due suore. (immagine 7) Da annotare che in quell’anno la parrocchia possiede beni rustici, canoni enfiteuci, censi e prestazioni di interessi, proventi aventizi di stola per un attivo di lire 1 e 36 centesimi, ma con un passivo totale di lire 384,64 e una rendita complessiva di 688,23 lire annue.
Ritornando alla storia dell’antica chiesa, è da registrare che l’edificio fu soggetto ad un intervento di radicale revisione ed abbellimento da parte del conte Gian Carlo Verità nel 1732, come attesta una lapide (immagine 8) murata all’interno, sull’ingresso laterale di sinistra:
D . O . M .
HAEC ALMA DOMUS PIORUM ELEMOSINIS,
AUXILIO CÕ; IOH. CAROLI VERITÃ,
ATQUE SOLICITUDINE
DNI FRANCI MATTHIETI ARCHIPRÎ
EXORNATA
ANNO M. D. C.C. XXXII
QUESTA SACRA DIMORA CON LE ELEMOSINE DEI FEDELI
CON IL CONTRIBUTO DEL CONTE GIOVANNI CARLO VERITA’
E LA SOLLECITUDINE
DEL SIGNOR FRANCESCO MATTHIETI ARCIPRETE
( FU) NUOVAMENTE ABBELLITA
NELL’ANNO 1732
L’intervento si può ripercorrere minuziosamente attraverso una Nota distinta delle entrate e della spesa fatta per la fabbrica della chiesa, documentazione conservata nel fondo Malaspina presso l’archivio di Stato di Verona. La visione della molteplicità e ricchezza dell’arredo e del patrimonio architettonico rende ancor più vivo il disappunto per aver lasciato in abbandono un monumento sacro non privo di interesse sotto il profilo artistico e giustamente orgoglioso per un patrimonio in buona parte andato disperso. La Nota elenca e registra i materiali utilizzati ( gesso, ferro, vetro, legname, chiodi... ) i lavori di restauro effettuati, le rifiniture interne ed esterne, gli interventi sulle colonne, sul cornicione, sulla volta e nomina pure le diverse maestranze a cui si era ricorsi.
Anche la decorazione pittorica della chiesa nei primi anni del Settecento viene sottoposta ad una radicale revisione o rifacimento. Così nel 1740 interviene il bolognese Giuseppe Montanari, pittore stabilitosi a Verona e attivo anche a Cerea, a Ca’ del Lago, in villa Dionisi. Egli dipinge il coro mentre un altro pittore, di cui si è perso il nome, restaura mediocremente la pala dell’altare maggiore raffigurante la cena di Emmaus. La volta del presbiterio viene, invece, impreziosita dal Villi, un pittore certamente non privo di estro e di doti pittoriche, che vi dipinge i quattro evangelisti e le colorite raffigurazioni simboliche e floreali che si dipanano sulle rimanenti zone della volta. Del tutto scomparsi ( rimangono pochi ed illeggibili frammenti ) i primitivi affreschi che decoravano con preziosa luminosità coloristica le pareti laterali della navata e i muri a fronte dell’altar maggiore. (immagine 9)
L’elenco delle perdite è, purtroppo, malinconicamente lungo. Numerosi gli arredi lignei andati dispersi o svenduti: così il coro in noce eseguito ed installato dal marangon Michele Bernardi della contrada di S. Tommaso di Verona e dai suoi operai. Identica triste fine hanno fatto i preziosi antichi banchi del Settecento intestati ai conti Gian Carlo e Giovanni Verità, altri ai marchesi Ippolito e Francesco Malaspina, al conte Gasparo Lazise, al conte Alberto Pompei, a Francesco e Domenico Bresciani e ad altre prestigiose famiglie padronali. Altra perdita dolorosa è costituita dalla dispersione del prezioso organo settecentesco a mantice le cui canne ad ancia sopravvivono utilizzate per l’organo elettrico dell’attuale nuova chiesa parrocchiale. Un’iscrizione sulla restaurata balaustra lignea attesta l’intenzione devota della sua primitiva installazione nell’antica chiesa di S. Lorenzo .
Altri lavori per la chiesa, effettuati nella prima metà del Settecento (1740), testimoniano l’attaccamento e l’affetto dei fedeli per questa chiesa: comportarono l’ingente spesa di oltre 500 ducati e vennero approntati con le pie offerte dei parrocchiani, con le entrate della seta ricavata dall’allevamento domestico dei bachi, con la vendita di segale e il generoso contributo delle famiglie signorili presenti nel territorio. Un’iscrizione incisa su lastra di pietra marmorea che faceva da spalla all’altare maggiore, e tutt’ora conservata, così ricorda l’evento:
PASTORIS SENSU ET GREGIS CENSU
PER LA SENSIBILITA’ DEL PASTORE E IL CONTRIBUTO DEL GREGGE
Dove il pastore è, evidentemente, il parroco e il gregge sono i generosi parrocchiani.
La chiesa di S. Lorenzo possedeva nel passato anche pregevoli tele; una situata nell’altare laterale dedicato a S. Carlo Borromeo e tutt’ora conservata nella nuova chiesa, a sinistra dell’altare maggiore nella parete di fondo della cantoria. E’ opera del pittore Giovanni Battista Barca ( 1594 ca – 1650 ), un pittore di complessa cultura e stilisticamente di grandi capacità, che rappresenta in alto la SS. Trinità con ai piedi S Carlo, in luminoso contrasto del bianco e del rosso nei suoi sacri vestiti liturgici. Egli apre le braccia verso S. Francesco che porge il crocifisso a S. Antonio. (immagine 10). Ispirata alla nuova sensibilità religiosa della Controriforma (di cui l’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo fu fervido e impetuoso propugnatore), la tela presenta forti toni chiaroscurali e una significativa ed intensa natura morta carica di messaggi simbolici, posta ai piedi dei due santi: il candore delle pagine del testo sacro spalancato, il giglio e, con potente raffigurazione ammonitrice, un teschio.
Altra tela, posta anticamente (1636) come pala nel presbiterio alle spalle dell’altar maggiore, raffigura tra angeli il Redentore avvolto in purpurea tunica a mantello e stringente nella mano sinistra una croce in mezzo ai due martiri S. Lorenzo e S. Stefano, coperti di dalmatiche. I due santi tengono la palma tra le mani e gli strumenti del loro martirio; sullo sfondo di verdi campi e lontane colline appare una chiesa con campanile e vicina una bianca corte padronale ( si tratta, forse, dell’antica chiesa di via Piazza con al fianco la residenza rurale signorile dei Trivelli-Pompei ). La primitiva tela, opera di Giovanni Battista Amigazzi, pittore veronese di notevole valore, fu sostituita, sicuramente nella seconda metà del Settecento ( per motivazioni che ignoriamo ) da una mediocre copia, fredda e scolastica, che ora si trova appesa in alto nella nuova chiesa. (immagine 11)
Internamente, nel pavimento della chiesa di S. Lorenzo, come era consuetudine prestigiosa di sepoltura e monopolio di benemerite famiglie signorili della parrocchia, figurano alcune pietre tombali. Una di queste, (immagine 12) posta un tempo davanti alla porta della sacrestia ( ora rimossa e visibile tra gli altri reperti nella cappella laterale della Madonna, sulla destra dell’entrata della chiesa ) ricorda nell’epigrafe, con commozione e tenero rimpianto, l’immatura morte di Calidonia, giovane sposa ventiduenne appartenente alla famiglia dei Verità, morta a Cerea ma qui sepolta nel 1707:
CATARINA COMIT. CALIDONIA NOB. ARCEIF.
NOVA CAIA IN VIRIDI RAPTA
IULII CAESARIS COM. DE VERITATE VIRI
IAM DELICIAE MODO LACRIMAE.
A. D. MDCCVII XX ÕBRIS AETATE SUAE XXII
CATERINA CONTESSA CALIDONIA NOBILE
NOVELLA SPOSA IN VERDE ETA’ RAPITA
DELLO SPOSO GIULIO CESARE CONTE DEI VERITA’
UN TEMPO DELIZIA ORA (MOTIVO) DI LACRIME
ANNO DEL SIGNORE 1707 20 OTTOBRE ALL’ETA’ DI 22 ANNI
La chiesa di S. Lorenzo, dopo il poderoso intervento settecentesco, rimase inalterata nella sua struttura: le aggiunte delle due ali laterali risalgono certamente ad un tempo precedente e sono motivate dall’ampliamento dello spazio interno all’edificio destinato ad una nuova e definitiva sistemazione degli altari laterali che così giungono fino ai nostri giorni, nonostante il devastante abbandono e la parziale rimozione di alcune loro parti dopo che la chiesa smise di essere officiata (1962). Così l’altar maggiore, la cui tipologia marmorea ripeteva quella degli altari maggiori delle chiese delle parrocchie confinanti, è stato smembrato, mutilato, asportato e dato in parte alla chiesa di Venera di Sanguinetto e in parte alla chiesa di Mazzantica e di casette di Legnago. Restano le due entrature marmoree laterali e monconi del basamento. Gli altari laterali, alcuni marmorei altri lignei, figuravano, entrando in chiesa, così disposti: a destra l’altare della Madonna con gruppo ligneo ( ora trasportato nella nuova chiesa) della Pietà, una deposizione di intensa, popolare, drammaticità: il Cristo morto scivola disteso tra le braccia della Vergine il cui volto rivela una contenuta sofferenza. Sempre sulla destra, oltre l’entrata che porta al campanile e all’uscita laterale, vi era l’altare marmoreo di S. Carlo Borromeo, con la sovrastante tela, di cui abbiamo parlato e che ora si trova nella nuova chiesa parrocchiale.
A sinistra della navata si apriva l’altare ligneo, con confessionale, dedicato a S. Antonio da Padova con in braccio il bambino Gesù:(immagine 13) la statua lignea, di povera e modesta fattura, si trova anch’essa nella nuova chiesa. Oltre l’entrata laterale di sinistra ( nel corto spazio erano disposte le sedie di paglia destinate ai fedeli maschi) si trovava il successivo altare in marmo (ora rifatto) con la statua della Madonna del Rosario(immagine 14) seduta con in braccio Gesù Bambino. Tale statua, di tenera dolcezza, veneratissima dalle passate generazioni, si trova ora collocata in una piccola cappella con pareti dipinte nella nuova chiesa dove è stato trasportato anche il pregevole fonte battesimale a calice, in marmo rosso veronese, utilizzato per il sacramento del Battesimo. Dispersa è, invece, la balaustra marmorea che chiudeva l’altar maggiore (immagine 15) con il suo cancelletto di ferro lavorato, mentre la preziosa Via Crucis, con le sue formelle dipinte, è stata venduta alla parrocchia di Salizzole.
Una menzione meritano alcuni capitelli che sorgono nel territorio della parrocchia e ancor oggi oggetto di profonda devozione popolare. Fra tutti il più antico e il più prezioso è il capitello dedicato a S. Anna (immagine 16). Posto all’incrocio di tre strade che portano a Bovolone, alla vecchia Piazza e al nuovo insediamento urbano di via Capitello, l’edicola di S. Anna è certamente risalente alla seconda metà del 1500 e viene menzionata in un documento risalente al 1614 (cantonal di S. Anna) perché posto in un terreno di proprietà della corte Verità. Venne successivamente restaurato ed riaffrescato nella seconda metà del Settecento dal Marcola, ( Verona 1740 – Verona 1793), il più autorevole e poliedrico membro di una numerosa famiglia di pittori e decoratori, presente in grandi figurazioni negli interni delle prestigiose residenze di facoltosi committenti, tra cui in Villa Dionisi, nella frazione di Ca’ del Lago, presso Cerea. Il capitello, in seguito all’intervento di modifica del trivio, intervento rivolto a modificare l’assetto stradale, per opera della Soprintendenza dei Beni culturali ed artistici di Verona, è stato dissotterrato nelle sue fondamenta, imbragato, sollevato e spostato nell’attuale collocazione. E’ stato, poi, sottoposto, alcuni anni fa, ad un’azione di ripulitura e di rivelazione della raffigurazione pittorica del Marcola attraverso il riconoscimento della sottostante sinopia, dal momento che l’affresco, nel corso del tempo, è stato pesantemente logorato e lesionato, con perdita di ampie zone, soprattutto quelle inferiori. Attraverso ciò che è sopravvissuto è possibile constatare la preziosità e morbidezza coloristica dell’opera e leggere l’immagine progettata dall’artista: in alto, luminosa, la colomba dello Spirito Santo tra angeli, al centro e nella parte inferiore S. Anna con lo sposo Gioacchino che sorreggono tra loro Maria ancora bambina.
Un’altra edicola è costituita dal capitello del Cristo, (immagine 17) posto al bivio tra la via Nuova e la strada che conduce al Casamento e alle Vallesine, poco prima del cimitero, sulla destra. Di incerta datazione, ma sicuramente costruito nel XVI o XVII secolo, nel suo interno conserva, seppure con perdita della antica popolare luminosità dei colori, raffigurazione della Crocifissione tra due santi e lunette circolari alle pareti laterali.
Una terza edicola, di più recente costruzione, ma documentata già alla fine dell’Ottocento, è quella di via Capitello (immagine 18) dedicata alla Madonna del Rosario in statua lignea, tra due santi. Il capitello, oggi situato a fianco del Municipio, all’incrocio di via Capitello e via Traversa Capitello, fino a qualche decennio fa era collocato esattamente al centro dell’incrocio, come si può constatare da mappe e fotografie.
La parrocchia di Concamarise vive un passaggio importante nella seconda metà degli anni Cinquanta e Sessanta quando la chiesa di S. Lorenzo, così carica, come abbiamo visto di gloriosa storia, inizia un triste epilogo di decadenza e di abbandono. Infatti nel 1958, su disegno dell’architetto Giovanni Fregno (immagine 19) e per volontà del parroco don Rosolino Golo (immagine 20) furono costruite la canonica, le aule di catechismo e la nuova chiesa parrocchiale dedicata a S. Lorenzo martire in Beata Vergine Regina, in via Capitello, dove nel corso degli ultimi decenni, soprattutto dal dopoguerra, era cresciuto l’insediamento di abitanti e di negozi e dove si trovavano già il Municipio, il teatro, le nuove scuole elementari e dove si aprivano nuove aree destinate alle abitazioni e ai laboratori di produzione artigianale e industriale del mobile d’arte. Tale spostamento di popolazione, unito ad altre ragioni, tra cui l’insufficiente spazio dell’antica chiesa di S. Lorenzo bisognosa pure di interventi (ma non mancarono accese discussioni per una scelta che turbava le consuetudini e la devozione di una parte dei fedeli ) spinsero ad erigere, proprio all’incrocio di Via Capitello, una nuova chiesa che si volle dedicare sempre a S. Lorenzo ma in Beata Vergine Regina. La nuova chiesa (immagine 21) fu benedetta il 2 giugno 1962 e la consacrazione avvenne sempre il 2 giugno 1988 per le mani del vescovo mons. G.Amari. Essa si presenta a grande pianta circolare (immagine 22) con due campanili laterali, mai eretti, e con tetto a larga cupola rotonda schiacciata; presenta nel suo interno il grande altare centrale(immagine 23) con appeso alla parete del presbiterio un grande crocifisso ligneo (immagine 24) proveniente dai laboratori artigianali della Val Gardena. Un altare ( l’unico) laterale ospita la statua lignea della Vergine Regina (immagine 25) reggente tra le sue mani il mondo e sotto il suo mantello azzurro aperto Gesù Bambino. La chiesa, che dà direttamente sull’incrocio stradale per mezzo di un’ampia scalinata, non presenta, architettonicamente, altri significativi rilievi. Come si è detto, ospita parte dell’arredo decorativo e pittorico dell’antica chiesa di S. Lorenzo che dalla fine degli anni Cinquanta viene lasciata in abbandono e ad una progressiva spogliazione e saccheggio del suo patrimonio. La parrocchia, anche con i parroci successivi a don Rosolino Golo, impegnata economicamente nell’oneroso compito della costruzione e della copertura delle spese per la nuova chiesa, risulta impossibilitata ad arginare l’irrimediabile decadimento della vecchia chiesa di S. Lorenzo. Assiste impotente al crollo per infiltrazione piovana dell’intero tetto della navata centrale e della sacrestia, alla corrosione e asportazione parziale degli altari laterali, alla dispersione dell’organo a mantice. Si interviene, con discutibile scelta, a preservare dal saccheggio l’altare centrale che, smontato, viene alienato, così pure la Via Crucis, gli antichi banchi e confessionali. I tentativi di un recupero si arenano di fronte alle gravi difficoltà economiche della parrocchia e al mancato sostegno della Sovrintendenza dei Beni culturali: per preservare da un possibile cedimento del campanile, si staccano anche le antiche e preziose campane che vengono custodite nella nuova chiesa assieme alle tele e alle statue. Di fronte allo spettacolo di questo devastante abbandono, nei primi anni del Duemila anche le amministrazioni comunali di Concamarise si impegnano per un intervento che salvi almeno l’edificio sacro. Così si percorre l’unica strada che parve allora possibile: la parrocchia vende ad una cifra simbolica al Comune di Concamarise, che ne acquista la proprietà, la chiesa di S. Lorenzo ormai sconsacrata e, ottenuto un pubblico finanziamento statale grazie al vivo operare del sindaco Vasco Bellini, si procede al restauro con rifacimento del tetto e con molteplici interventi sugli altari laterali e su altre parti dell’edificio che venne destinato ad ospitare eventi e attività civili, culturali, associative. Solo in occasione della festività del patrono S. Lorenzo del 10 agosto viene celebrata una Santa Messa con cena serale e notturna sotto le stelle, nel rinnovato piazzale della chiesa. La memoria del restauro dell’edificio venne affidata ad una lapide(immagine 26) posta in basso, sulla destra della facciata, a ricordo del travagliato destino di una chiesa che per secoli aveva vantato non piccolo prestigio:
HOC TEMPLUM
DIVO LAURENTIO DICATUM
PER ANNOS HOMINUM NEGLIGENTIAE
AC TEMPORIS RUINAE DIRIPIENDUM DATUM
PRISTINO DECORI
ATQUE FIDELIUM PIETATI CVIUMQUE INSTITUTIS
DENIQUE RESTITUM
A.D. XXIX
QUESTO TEMPIO
A S. LORENZO DEDICATO
PER ANNI ALLA NEGLIGENZA DEGLI UOMINI
E ALLA ROVINA DEVASTANTE DEL TEMPO CONSEGNATO
ALL’ANTICO SPLENDORE
E ALLA DEVOZIONE DEI FEDELI E ALLE ISTITUZIONI DEI CITTADINI
INFINE RESTITUITO
ANNO DEL SIGNORE 2009
Alla parrocchia di Concamarise, nel corso degli anni Settanta vengono aggiunti come parrocchiani gli abitanti di Valmorsel, contrada del Comune di Salizzole. Qui, agli inizi degli anni Cinquanta, era stata eretta una piccola chiesa (immagine 27) dedicata a S. Rocco, il santo che già era venerato in un capitello che conservava da lontano tempo una sua preziosa statua lignea, purtroppo trafugata e perduta. La chiesa di Valmorsel viene officiata, fin dalla fine degli anni Settanta, dalla parrocchia di Concamarise che vi celebra la messa prefestiva e cura l’annuale ricorrenza solenne del patrono S. Rocco. Attualmente la parrocchia risulta costituita di circa 1250 parrocchiani.
ELENCO
DEI MM. RR. PARROCI DI S. LORENZO
CONCAMARISE
M.R.D. DE GEORGIS CARLO dal 1688 al 1706
M.R.D. BERTANI BARTOLOMEO dal 1708 al 1719
M.R.D. CAVALCASELLE BARTOLOMEO dal 1719 al 1727
M.R.D. MATTHIETTI FRANCESCO dal 1728 al 1759
M.R.D. FRATTINI FELICE dal 1759 al 1762
M.R.D. ALBERTI GIUSEPPE dal 1762 al 1784
M.R.D. DE MORI GIO BATTA dal 1785 al 1803
M.R.D. FOGGINI AGOSTINO dal 1804 al 1838
M.R.D. RIOLFI LUIGI dal 1838 al 1850
M.R.D. SPARVIERI LUIGI dal 1851 al 1869
M.R.D. CREMA PIETRO dal 1869 al 1893
M.R.D. GIRLANDA CIRILLO dal 1893 al 1909
M.R.D. TARDIANI ERNESTO dal 1910 al 1929
M.R.D. MURARI TULLIO dal 1930
M.R.D. QUAGLIA SILVIO dal 1930 al 1954
M.R.D. GOLO ROSOLINO dal 1954 al 1973
M.R.D. PANOZZO MARIO dal 1973 al 1985
M.R.D. VERZE' LUIGI dal 1985 al 1986
M.R.D. BENINI GIUSEPPE dal 1986 al 1991
M.R.D. BOZZA LUCIANO dal 1991 al 2003
M.R.D. SQUASSABIA FLAVIO dal 2003 al 2013
M.R.D. SACCOMAN MAURIZIO dal 2013